L’Odissea può essere riletta nell’ottica del problem solving?
Omero, in effetti, ha tratteggiato la personalità del suo eroe, Ulisse, come quella di uno straordinario maestro della risoluzione dei problemi. Definito, e con ragione, il primo eroe moderno dell’antichità, modello di machiavellica intelligenza, capacità di analisi, abilità nell’essere sempre “un passo avanti” rispetto alla soluzione dei problemi che deve affrontare, Ulisse è curioso oltre i limiti della ragionevolezza, osa per desiderio di conoscere, di rischiare, di misurarsi con l’ignoto.
E una volta affrontata la sorte che i casi della vita (o la sua imprudenza) gli riservano, trova soluzioni a problemi complessi. Dall’episodio delle Sirene, a quello di Polifemo, fino al ritorno a Itaca e alla strage dei Proci, Ulisse dimostra di saper analizzare problemi e trovare soluzioni inedite ed efficaci. Analizza il problema, lo smonta nei suoi elementi costitutivi e risolve una parte alla volta per arrivare all’obiettivo. Prendiamo, per tutti, l’esempio di Polifemo.
Ulisse approda nella terra dei Ciclopi, terra che gli pare bellissima e ricca di ogni cosa utile per rimpinguare le sue risorse di cibo e rimettersi in mare. Naturalmente la curiosità lo spinge a esplorare (senza averne una reale necessità) l’isola fino a introdursi nella caverna di Polifemo. Non solo, contro il parere dei compagni che sembrano più avveduti di lui, decide di attenderne il ritorno invece di andarsene subito approfittando della sua assenza. E qui cominciano i guai, ma anche la possibilità per Ulisse di dimostrare la propria capacità di problem solver. Chiuso nella grotta da un macigno enorme che solo il gigante è in grado di spostare, l’eroe deve trovare il modo di uscire sfruttandone proprio la forza bruta, usandola a proprio vantaggio.
Quindi scarta immediatamente la prima idea di ucciderlo nel sonno (come la maggior parte degli altri avrebbe fatto) ma intuisce che solo accecandone l’unico occhio potrà ottenere il risultato sperato.
Poi, compiuto il gesto, sfrutta il fatto che il mostro dovrà far uscire gli armenti dalla grotta per legarli a tre a tre, nascondere sotto di loro un uomo e permettergli la fuga.
Ma è molto prima che Ulisse compie il vero capolavoro dell’essere “un passo avanti”: interrogato dal Ciclope sul suo nome, mente e dice di chiamarsi Nessuno. Quando Polifemo chiederà aiuto agli altri abitanti dell’isola, griderà che Nessuno lo ha accecato, non ottenendo così alcun supporto dagli altri che lo credono pazzo.
La soluzione è stata immaginata da Ulisse un passo prima (o forse anche due) rispetto al risultato che intendeva ottenere e basterebbe questo a farne un campione dell’analisi dei problemi e dell’individuazione delle soluzioni. Ma anche del pensiero illusionistico.
In fondo la vera abilità del mago è quella di compiere una serie di azioni che preparano all’effetto, molto prima che il pubblico si renda conto di quello che sta accadendo davvero sotto i propri occhi, e senza lasciar immaginare, anzi sviandone l’attenzione, per ottenere il massimo dell’efficacia.
Omero, in effetti, ha tratteggiato la personalità del suo eroe, Ulisse, come quella di uno straordinario maestro della risoluzione dei problemi. Definito, e con ragione, il primo eroe moderno dell’antichità, modello di machiavellica intelligenza, capacità di analisi, abilità nell’essere sempre “un passo avanti” rispetto alla soluzione dei problemi che deve affrontare, Ulisse è curioso oltre i limiti della ragionevolezza, osa per desiderio di conoscere, di rischiare, di misurarsi con l’ignoto.
E una volta affrontata la sorte che i casi della vita (o la sua imprudenza) gli riservano, trova soluzioni a problemi complessi. Dall’episodio delle Sirene, a quello di Polifemo, fino al ritorno a Itaca e alla strage dei Proci, Ulisse dimostra di saper analizzare problemi e trovare soluzioni inedite ed efficaci. Analizza il problema, lo smonta nei suoi elementi costitutivi e risolve una parte alla volta per arrivare all’obiettivo. Prendiamo, per tutti, l’esempio di Polifemo.
Ulisse approda nella terra dei Ciclopi, terra che gli pare bellissima e ricca di ogni cosa utile per rimpinguare le sue risorse di cibo e rimettersi in mare. Naturalmente la curiosità lo spinge a esplorare (senza averne una reale necessità) l’isola fino a introdursi nella caverna di Polifemo. Non solo, contro il parere dei compagni che sembrano più avveduti di lui, decide di attenderne il ritorno invece di andarsene subito approfittando della sua assenza. E qui cominciano i guai, ma anche la possibilità per Ulisse di dimostrare la propria capacità di problem solver. Chiuso nella grotta da un macigno enorme che solo il gigante è in grado di spostare, l’eroe deve trovare il modo di uscire sfruttandone proprio la forza bruta, usandola a proprio vantaggio.
Quindi scarta immediatamente la prima idea di ucciderlo nel sonno (come la maggior parte degli altri avrebbe fatto) ma intuisce che solo accecandone l’unico occhio potrà ottenere il risultato sperato.
Poi, compiuto il gesto, sfrutta il fatto che il mostro dovrà far uscire gli armenti dalla grotta per legarli a tre a tre, nascondere sotto di loro un uomo e permettergli la fuga.
Ma è molto prima che Ulisse compie il vero capolavoro dell’essere “un passo avanti”: interrogato dal Ciclope sul suo nome, mente e dice di chiamarsi Nessuno. Quando Polifemo chiederà aiuto agli altri abitanti dell’isola, griderà che Nessuno lo ha accecato, non ottenendo così alcun supporto dagli altri che lo credono pazzo.
La soluzione è stata immaginata da Ulisse un passo prima (o forse anche due) rispetto al risultato che intendeva ottenere e basterebbe questo a farne un campione dell’analisi dei problemi e dell’individuazione delle soluzioni. Ma anche del pensiero illusionistico.
In fondo la vera abilità del mago è quella di compiere una serie di azioni che preparano all’effetto, molto prima che il pubblico si renda conto di quello che sta accadendo davvero sotto i propri occhi, e senza lasciar immaginare, anzi sviandone l’attenzione, per ottenere il massimo dell’efficacia.