Osservare la natura e trarne insegnamenti, applicazioni pratiche, collegamenti inediti. Un documentario sulle tecniche di mimetismo e di caccia degli animali, mi ha dato lo spunto per una riflessione più ampia legata al mondo del management, che è stato il mio habitat naturale quando lavoravo in azienda e ora è il terreno della mia attività di consulente e formatore.
Chi vive in azienda comprenderà certamente la metafora e classificherà se stesso o qualche collega in una delle categorie esposte. Vediamole.
Le tecniche di mimetismo, in natura, servono sostanzialmente per cacciare oppure per difendersi e si basano su due principi: mimetizzarsi per arrivare il più vicino possibile alla preda senza metterla in allarme aumentando così le possibilità di cattura, oppure rendersi invisibili nell’ambiente per sfuggire all’acutezza dello sguardo dei predatori.
Questo vale per l’insetto stecco come per la zebra o la rana pescatrice. Differente, ma diffuso soprattutto tra gli insetti e le creature marine, è l’aposematismo, ossia la somiglianza esteriore di una specie a un’altra al fine di ingannare i predatori. L’evoluzione naturale ha dotato, infatti, alcuni animali innocui di caratteristiche “somatiche” particolari che li fanno assomigliare ad altre specie note per la loro pericolosità, aggressività, velenosità. In questo modo, ingannando, si può sperare di sopravvivere. Molte farfalle, alcuni pesci e rettili hanno adottato queste tecniche di sopravvivenza.
Decisamente meno diffusa è invece la tecnica opposta, ossia il mostrarsi innocui per nascondere la propria pericolosità e ingannare così il predatore che, sentendosi sicuro, abbassa la guardia. E’ quella che io chiamo la strategia della mangusta.
La strategia della mangusta è quella meno utilizzata perché, tra le creature viventi, pare si preferisca sembrare forti, potenti, influenti o pericolosi piuttosto che esserlo conservando la modestia tipica della mangusta: il cobra è spavaldo, la mangusta umile. Ma alla fine, la mangusta vince sempre.