Secondo capitolo dedicato all’ipnosi (leggi qui la prima parte). Una volta assunta come veritiera la visione Ericksoniana dell’ipnosi come via per raggiungere la mente inconscia, vista come serbatoio di potenzialità e soluzioni, e la figura dell’ipnostista come “accompagnatore” e quindi “facilitatore” del processo di estrazione di queste potenzialità dall’inconscio stesso, è bene prendere in esame uno degli ambiti più controversi e affascinanti di questo argomento: l’ipnosi regressiva, volta a far emergere presunte esperienze vissute dall’ipnotizzato durante vite precedenti e delle quali si manterrebbe memoria nell’inconscio. Milton Erickson, pur indicando metodi per indurre una trance profonda e valutando l’ipotesi di utilizzo dell’ipnosi per la rimozione dall’inconscio di eventi traumatici, rifiuta invece l’idea dell’accesso a esperienze di presunte vite precedenti in quanto lontana dal suo rigore scientifico.
Dell’ipnosi regressiva (intesa, appunto, come strumento per indagare presunte vite passate) si parla in realtà in un testo indiano del 900 a.C., l’Upanisad, nel quale si ipotizza questa pratica per “ripulire” il karma (o meglio il samskara) dalle impressioni negative accumulate, appunto, nelle vite precedenti.
La comunità scientifica rigetta questa ipotesi e attribuisce l’emergere di immagini e sensazioni apparentemente lontane dall’esperienza di vita del soggetto, a falsi ricordi, immaginazione, condizionamenti e suggestioni dell’ipnotista stesso (un po’ come avviene nel déjà vu). Interessanti, per approfondire il lato scientifico di questo argomento, i testi di Piero Angela e Marco Visalberghi Viaggi nella scienza e Nel cosmo alla ricerca della vita ove viene evidenziato proprio il carattere immaginativo delle esperienze emerse durante la seduta ipnotica (letture, racconti, film visti, vere e proprie fantasie) che poi vengono qualificate come reali nel ricordo, una volta usciti dalla trance, anche grazie al rafforzamento dell’esperienza da parte dell’ipnotista.
In qualche modo l’effetto provocato dalla suggestione e dall’auto-suggestione ha a che fare, quindi, anche con l’esperienza ipnotica. Per comprendere questa affermazione facciamo un parallelo con quello che in farmacologia è conosciuto come effetto Placebo. Questo effetto è indotto dalla convinzione che il farmaco che prendiamo ci farà effettivamente bene e dal rapporto con il medico (ascolto, fiducia, empatia): convinzioni e suggestioni talmente forti da determinare effetti di “miglioramento” delle condizioni del paziente. Studi condotti su alcuni farmaci in uso in psichiatria (tranquillanti, antidepressivi ecc.) hanno portato a risultati sconcertanti riguardo l’utilizzo alternativo del placebo corrispondente. Più della metà dei pazienti dichiarava di sentirsi meglio, il 10-20% diceva di sentirsi peggio, il 25-30% delle persone, di non provare alcun effetto. Ma la cosa sconcertante è la comparsa di effetti collaterali fisici determinati dalle finte pillole: il 60% ha denunciato la comparsa di malesseri quali nausea, vomito, visione sdoppiata ecc. (effetto Nocebo). Il finto farmaco, quindi, non guarisce realmente (e non crea effetti collaterali). Non modifica le condizioni fisiche del paziente ma opera a livello meramente psicologico.
Se non vi sono cause organiche della malattia, la suggestione permette di far fare cose al paziente che diversamente non farebbe: per esempio mettere entusiasmo nel cercare di camminare senza più trascinare un piede o impegnarsi a fare cose che indirettamente lo inducano a guarire (muoversi, migliorare lo stile di vita, aumentare la fiducia in se stessi e nel risultato della terapia ecc.). Interpretazione del problema e modifica del comportamento: ecco l’effetto che l’ipnotista, analogamente, può ottenere dalla seduta. Agire sulla leva psicologica per rimuovere blocchi che non permettono il miglioramento o inducono addirittura il peggioramento dello stato fisico e mentale.
Parlando di rafforzamento dell’esperienza ipnotica, abbiamo in effetti fatto riferimento all’ultima delle fasi del processo ipnotico che, insieme alla prima, determina gran parte dei risultati della seduta stessa ed è molto attinente a quanto fin qui esposto. Sono state codificate ben tredici fasi della seduta ipnotica di Erickson: nel prossimo articolo le vedremo dettagliatamente.
Articoli correlati:
Ipnosi: cosa dovresti sapere – prima parte
Ipnosi: potenzialità e pericoli
Ipnosi conversazionale, comunicazione efficace e cambiamento
Nel mezzo della difficoltà c’è l’opportunità… e la soluzione del problema!