Nessuna fretta, ma vera costanza. La dimensione personale della crescita nel Kaizen (letteralmente: cambiare in meglio o miglioramento continuo) rappresenta una strategia comportamentale che prevede il rinnovamento a piccoli passi, la spinta costante al miglioramento quotidiano che avrà riflessi positivi nella vita personale e in quella lavorativa. In questo caso, direttamente collegato alle teorie (e alla nota matrice) di Kaoru Ishikawa, guru della qualità totale, il miglioramento delle persone (e la loro contribuzione continua al conseguimento degli obiettivi) coincide con quello dei dipartimenti aziendali e quindi dell’intera Organizzazione/Azienda.
Una frase di K. Matsushita, direttore generale della Panasonic, può aiutarci a capire meglio. In occasione di un viaggio in Inghilterra disse: “per voi la gestione del personale consiste nel far produrre idee al personale dirigente in modo che gli operativi possano metterle in pratica. Per noi, invece, è fondamentale riuscire a mettere in movimento le risorse intellettuali di tutti per metterle al servizio dell’Impresa. Le intelligenze riunite di un piccolo gruppo di dirigenti, per quanto eccellenti, non bastano a garantire un miglioramento continuo”.
Vediamo così che l’approccio orientale fortemente “bottom-up” ribalta alcuni concetti di management occidentale che prevedono direttive dall’alto ed esecuzione dal basso. Solo il coinvolgimento totale di tutti gli elementi dell’azienda, quali valori aggiunti della stessa, può garantire vera innovazione.
Coinvolgimento di tutti, lentezza e logica dei piccoli passi. Elementi del Kaizen fondamentali anche nel problem solving orientale che prevede appunto il crowdsourcing e la cosiddetta tecnica dei 5 why’s (ossia chiedersi 5 volte perché), la quale impone un rallentamento dei processi di pensiero e genera una dilatazione del tempo di reazione del problem solver, che progressivamente si distacca da un approccio impulsivo e poco incline alla valutazione obiettiva.
Infine, il cambiamento a piccoli passi, concetto connotante della filosofia orientale, è opposto a quello occidentale della “rivoluzione“. E ben si adatta ai processi formativi che, dopo la prima fase di rottura degli schemi mentali che ci ancorano al “vecchio modo di pensare“, deve procedere con la ricostruzione corretta in termini di atteggiamenti, competenze, metodi. Spingere le persone a pretendere il meglio da loro stesse, allenarle ad allenarsi, rinnovare in loro la motivazione positiva interna, riaccendere la voglia di conoscere e ricaricare quella “molla” ideale che dovrebbe spingere l’adulto a ritrovare la motivazione a quella crescita personale che Maslow poneva al vertice della sua celebre piramide dei bisogni di ciascun individuo.