La morte di Muhammad Ali, ha riportato in luce le straordinarie doti di atleta e comunicatore del pugile più famoso della storia. La rilettura della sua vita, infatti, ha evidenziato la grande capacità di unire talento sportivo e comprensione della potenzialità della comunicazione, unite da una tenacia e da un’ossessione per la preparazione degne della fama che lo ha accompagnato per tutta la vita.
A partire dalla protesta contro la guerra del Vietnam (che gli costò il titolo mondiale, una condanna penale e l’allontanamento per 5 anni dal ring), Ali divenne famoso non solo per le sue straordinarie vittorie, ma anche perché seppe costruire sapientemente la propria immagine, e usò la comunicazione per motivare se stesso e demolire psicologicamente i propri avversari. Conferenze stampa a effetto durante le quali ribadiva sempre la propria forza e il proprio valore, l’idea geniale di pronosticare il momento esatto nel quale il proprio avversario sarebbe finito al tappeto (spesso confermato dai fatti), la costruzione di una strategia di comunicazione volta a demotivare l’avversario anche e soprattutto durante il match. Straordinaria applicazione proprio del potere della comunicazione, di una preparazione meticolosa e di una strategia vincente, durante il match dei match (definito The rumble in the Jungle), combattuto in Zaire nel 1974, dove Ali sfidò il detentore del titolo di Campione del Mondo George Foreman, dopo il lungo ritiro imposto dalla sentenza penale che lo allontanò dalle scene, e con il pronostico sfavorevole degli esperti.
Prima di tutto Ali si trasferì in Africa molti mesi prima dell’incontro e sfruttò quel tempo per comparire ovunque possibile e per affermare e confermare la sua identità di Africano alla ricerca delle proprie radici. Per la preparazione atletica applicò una strategia al contrario: invece di allenarsi a colpire, si allenò a incassare i colpi con l’obiettivo di resistere sul ring fino al totale esaurimento delle forze dell’avversario, per poi colpirlo a propria volta con potenza e velocità. Non ultima la strategia di automotivazione e di demotivazione di Foreman: per tutto l’incontro, invece di tacere come l’avversario, Ali coglieva tutte le occasioni per sussurrare al suo orecchio frasi a effetto sulla sua capacità di incassare i colpi e sulla delusione nel trovare Foreman molto meno potente di quanto si aspettasse.
Tre elementi che, uniti alla tecnica perfetta, hanno decretato la vittoria di Ali e la riconquista del titolo mondiale.