Il nemico alle porte, film del francese Jean-Jacques Annaud, è un singolare film di guerra. In quanto non è un film di guerra. Il contesto è quello della battaglia di Stalingrado. E la battaglia è la cornice, lo sfondo della vicenda narrata, il contesto storico nel quale si muovono i personaggi principali. Ma la linea portante del film è, curiosamente, la comunicazione politica. Tralascio quindi la trama, l’intreccio e la descrizione della singolare sfida tra i due “campioni” (a loro volta metafora dei due eserciti che si sono sfidati in una delle battaglie più sanguinose e logoranti della Seconda Guerra Mondiale), che si contrappongono in un duello mortale, per affrontare il tema della comunicazione e della propaganda.
Tutto il film ne è pervaso, la vicenda stessa (per inciso una storia vera) è imperniata sul valore simbolico (e quindi propagandistico) della sfida. Il cacciatore degli Urali, coscritto a forza e gettato in prima linea come carne da macello di fronte alle trincee tedesche, ha la ventura di farsi notare come tiratore eccezionale da un commissario politico che ne intuisce immediatamente il potenziale comunicazionale e propagandistico. E, dal nulla, costruisce un eroe, facendolo diventare il simbolo vivente della resistenza della città di fronte all’invasione tedesca. Anche il comando tedesco comprende il valore della figura del tiratore eccezionale che miete vittime tra le fila del suo esercito e quindi si affretta a trovare un rimedio, un proprio eroe. Viene chiamato quindi un maggiore, astuto e dalla mira straordinaria, che si mette sulle tracce del russo per eliminarlo.
Tutto il film ne è pervaso, la vicenda stessa (per inciso una storia vera) è imperniata sul valore simbolico (e quindi propagandistico) della sfida. Il cacciatore degli Urali, coscritto a forza e gettato in prima linea come carne da macello di fronte alle trincee tedesche, ha la ventura di farsi notare come tiratore eccezionale da un commissario politico che ne intuisce immediatamente il potenziale comunicazionale e propagandistico. E, dal nulla, costruisce un eroe, facendolo diventare il simbolo vivente della resistenza della città di fronte all’invasione tedesca. Anche il comando tedesco comprende il valore della figura del tiratore eccezionale che miete vittime tra le fila del suo esercito e quindi si affretta a trovare un rimedio, un proprio eroe. Viene chiamato quindi un maggiore, astuto e dalla mira straordinaria, che si mette sulle tracce del russo per eliminarlo.
Da quel momento i due personaggi diventano pedine del gioco più grande, la loro sfida personale passa in secondo piano: è la propaganda a decretarne la fortuna o la rovina.
Il soldato tedesco è un nobile bavarese, che ha allenato la propria mira tirando al cervo, il soldato russo uccideva da bambino i lupi, per sopravvivere. Non solo nazismo e comunismo contrapposti e trattati con la medesima durezza critica dal regista, ma i due soldati rappresentano il paradigma vivente della lotta di classe. Un concetto che il “politico” individua immediatamente e ne fa la leva principale della sua macchina propagandistica. Il nemico alle porte è quindi un film singolare e duplice, molto raffinato stilisticamente e sapientemente diretto da Annaud, che lascia trasparire in molti punti la sua profonda cultura cinematografica e classica.
La battaglia di Stalingrado è la guerra di Troia. I guerrieri, nell’Iliade si sfidano guardandosi negli occhi, a Omero non interessa la battaglia (o fa solo da quinta teatrale), interessano i due campioni: Ettore e Achille combattono una battaglia personale oltre che corale. Nella stessa linea questo film, che stravolge il concetto Hollywoodiano di war movie, per scendere in una analisi più raffinata della psiche dei protagonisti. Un film che fa del valore della comunicazione la propria cifra stilistica: costruire un eroe, far identificare il popolo con questo eroe, individuare un nemico e convogliare l’odio del popolo nei confronti di questo “simbolo” che rappresenta una categoria di persone o un’ideologia, sono concetti che si ritrovano quotidianamente nella comunicazione politica.
Il soldato tedesco è un nobile bavarese, che ha allenato la propria mira tirando al cervo, il soldato russo uccideva da bambino i lupi, per sopravvivere. Non solo nazismo e comunismo contrapposti e trattati con la medesima durezza critica dal regista, ma i due soldati rappresentano il paradigma vivente della lotta di classe. Un concetto che il “politico” individua immediatamente e ne fa la leva principale della sua macchina propagandistica. Il nemico alle porte è quindi un film singolare e duplice, molto raffinato stilisticamente e sapientemente diretto da Annaud, che lascia trasparire in molti punti la sua profonda cultura cinematografica e classica.
La battaglia di Stalingrado è la guerra di Troia. I guerrieri, nell’Iliade si sfidano guardandosi negli occhi, a Omero non interessa la battaglia (o fa solo da quinta teatrale), interessano i due campioni: Ettore e Achille combattono una battaglia personale oltre che corale. Nella stessa linea questo film, che stravolge il concetto Hollywoodiano di war movie, per scendere in una analisi più raffinata della psiche dei protagonisti. Un film che fa del valore della comunicazione la propria cifra stilistica: costruire un eroe, far identificare il popolo con questo eroe, individuare un nemico e convogliare l’odio del popolo nei confronti di questo “simbolo” che rappresenta una categoria di persone o un’ideologia, sono concetti che si ritrovano quotidianamente nella comunicazione politica.